Il regista Roland Sejko e l’attore Pietro De Silva hanno fatto tappa a Napoli per presentare il film documentario “La macchina delle immagini di Alfredo C.”, (Italia, 2021, 76’). L’opera, prodotta e distribuita dall’Istituto Luce-Cinecittà, è stata proiettata al Cinema Academy Astra a Napoli nell’ambito della rassegna “AstraDoc – Viaggio nel cinema del reale”. Nella sala di via Mezzocannone 109 è intervenuto anche il Prof. Settimio Stallone, Direttore dei corsi di laurea in Scienze Politiche e Relazioni Internazionali dell’Università Federico II. Il film – presentato come evento speciale alla 78ª Mostra del Cinema di Venezia, ora nella short-list di documentari candidati ai Premi David di Donatello – racconta i fatti dell’aprile 1939 quando l’Italia fascista occupa l’Albania dove vengono trasferiti migliaia di operai, coloni e tecnici italiani. Bisognerà aspettare novembre del 1944 per vedere il Paese balcanico liberato. Ne segue un regime comunista che chiude i confini e che impone al Belpaese numerose condizioni per il rimpatrio dei suoi concittadini. Tra i 27mila trattenuti italiani in Albania, tra reduci e civili, c’è anche un operatore cinematografico. È Alfredo C. che ha lavorato nella propaganda fascista, girando per cinque anni l’Albania con la sua cinepresa. In realtà, prima di superare l’Adriatico, per quasi un ventennio, ha immortalato la capillare macchina del regime. A un certo punto si ritrova a fare lo stesso ma per un regime comunista. Chiuso nel suo magazzino, circondato da migliaia di pellicole, Alfredo C. rivede su una vecchia moviola quello che ha girato. La sua storia. È il suo film quello che vediamo. E forse, non solo il suo. L’operatore cinematografico, che ha guidato la macchina da presa per due regimi dalle “sensibilità” opposte, è stato il testimone che ha raccontato per immagini una storia che rischia ancora di essere dimenticata. Oblio e memoria, difatti, sono temi del documentario materializzati in centinaia di rulli di pellicole, una moviola inceppata, una cinepresa, una pressa da montaggio, un passafilm e altri attrezzi ormai in disuso. La pellicola – girata a Cinecittà e realizzata grazie al materiale di diversi archivi cinematografici, tra cui l’Archivio Storico Luce, quelli di Albania, Londra e Mosca – riporta all’attenzione fatti passati nel dimenticatoio.
Roland Sejko, nato e cresciuto in Albania, si laurea nel 1990 alla facoltà di storia e filologia di Tirana. Dal 1991 vive a Roma e dal 1995 lavora per Istituto Luce Cinecittà dove attualmente è direttore della redazione editoriale dell’Archivio Storico Luce. Ha scritto e diretto diversi documentari distinti in maggior parte dal riuso del cinema d’archivio. Nel 2013 ha vinto il Premio David di Donatello con il suo documentario “Anija – La nave”. È curatore artistico e autore dei filmati di numerose mostre di Istituto Luce Cinecittà. È uno dei curatori del MIAC, il Museo Italiano del Cinema e dell’Audiovisivo a Cinecittà.
Pietro De Silva ha cominciato la carriera di attore sul palcoscenico affermandosi dal 1978 in compagnie stabili come quella di Gigi Proietti. Approda al cinema all’inizio degli anni ’80 ne “Il minestrone” di Sergio Citti, protagonista Roberto Benigni. Proprio Benigni lo chiamerà quindici anni più tardi ne “La vita è bella”. Per il grande schermo ha lavorato con i Fratelli Taviani, Marco Bellocchio, Sergio Castellitto e Massimiliano Bruno, partecipando ad oltre 40 film. È noto al grande pubblico per la sua partecipazione a numerose serie televisive, soprattutto ne “Il capo dei capi” dove ha interpretato il ruolo di Boris Giuliano.
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