Durante la conferenza stampa di Geolier dopo la serata delle cover a Sanremo, una giornalista gli ha chiesto se si sentiva a disagio per aver “rubato” una vittoria che avrebbero meritato altri.
Il giovane rapper napoletano ha risposto, con evidente e giustificato imbarazzo, che lui si è solo esibito, che ha moltissimi fans e che quella usata era “una brutta parola”.
I neoborbonici hanno chiesto alla Rai e all’ordine dei giornalisti di intervenire perché si tratta, evidentemente, di una tesi discriminatoria contro Napoli e il ragazzo di Secondigliano.
L’episodio si lega alle numerose offese del mondo dei social con i soliti beceri luoghi comuni su ipotetici “voti della camorra” o di “analfabeti” o di “percettori di redditi di cittadinanza” e forse anche ad una parte delle contestazioni nel teatro dopo la vittoria.
È evidente che, piaccia o no il genere musicale, corretta o scorretta che sia la lingua napoletana usata nei suoi testi, il giovane rapper napoletano vanta già oltre un miliardo di stream in circa 2 anni e una casa discografica internazionale con un successo crescente non solo a Napoli e non solo in Italia.
Evidentemente i “razzisti” di turno ignorano anche che i voti dell’altra sera erano stati assegnati in parti uguali dal pubblico, dalla stampa e dalle radio (con lo stesso meccanismo della finale).
Si tratta, allora, dell’ennesimo esempio di una discriminazione che dagli stadi arriva ai teatri fino alla politica con scelte di fatto antimeridionali da oltre un secolo e mezzo. Non si può accettare che un napoletano vinca, specialmente cantando in napoletano?