“Il clan dei casalesi oggi è un clan disarticolato, ma non sconfitto. Si occupa di grandi affari che gli inquirenti e gli investigatori difficilmente riescono ad intercettare“. Lo ha detto Antonello Ardituro già procuratore aggiunto della Dda, neo magistrato della Dna nel corso della presentazione del libro “La donna del boss” di Matilde Andolfo che si è tenuta nella basilica di San Severo alla Sanità. Sollecitato dalla giornalista Annalisa Angelone, moderatrice dell’evento, il magistrato che per primo raccolse le dichiarazioni della collaboratrice di giustizia Anna Carrino, ex compagna del boss Francesco Bidognetti ha spiegato l’evoluzione del clan dei casalesi tra i più pericolosi al mondo paragonabile al clan siciliano dei corleonesi: “oggi è un clan di imprenditori – ha dichiarato il magistrato della Direzione Nazionale Antimafia- composto da criminali in grado di gestire grandi affari come già è accaduto durante l’emergenza dei rifiuti. Ma oggi – ha aggiunto Ardituro -, è molto più difficile intercettarli, ricostruire il legame tra questi imprenditori e la criminalità organizzata. Un boss lo riconosci anche fisicamente perché si fa riconoscere quando mette in atto minacce, estorsioni o altro. Chi invece fa girare i soldi sporchi non dico che sia invisibile ma quasi. E ‘ molto più complicato intercettarlo, ricostruire il suo legame con la criminalità”. Casal di Principe è ancora roccaforte del male? “Il nome oggi fa ancora tanta paura, ma adesso il vero problema, a livello investigativo, è seguirne affari che si sono anche molto allontanati da Casal di Principe così è più complicato ricostruirne la trama”. Colpire i patrimoni per sottrarre potere alla criminalità organizzata. Sul punto è intervenuto Massimiliano Manfredi consigliere regionale del Pd: “Se per ogni bene confiscato alla mafia, lo Stato non mette in campo azioni di economia legale, in sostituzione a quella illegale, che crea nuove opportunità e nuovi respiri, rischia di perdere la sua battaglia. Quando i nostri cittadini cercano risposte, devono trovare lo Stato: non le mafie e non il vuoto”.
Di riscatto della società civile ha infine parlato padre Antonio Loffredo che per vent’anni ha guidato la parrocchia del rione Sanità. Padre Antonio ha sottolineato l’importanza del terzo settore “Grazie allo sviluppo delle politiche sociali, nel rione sanità sono state compiute scelte fondamentali che hanno segnato l’apertura del quartiere alla gente. Una su tutte la riqualificazione delle catacombe, che ha determinato la fine un’economia stagnante che favorisce situazioni di precarietà e disagio”. “Per secoli – ha proseguito il sacerdote -, il quartiere aveva la fama di essere attanagliato dalla camorra. Poi la situazione è radicalmente cambiata. E lo Stato è venuto dietro aiutandoci ad incrementare i servizi e rendere decorso il territorio”. Padre Loffredo che ha curato la postfazione del libro rievocando la storia di Fortuna Bellisario morta per le botte inflitte dal marito ha poi voluto sottolineare il valore del rione sanità, un quartiere che è “madre”, “femmina” come testimoniano le Forti Guerriere della sanità a cui la platea ha tributato un caloroso applauso. La serata è stata promossa da Fondazione Comunità di San Gennaro. Gennaro Maresca attore del Teatro Sanità ha letto alcuni brani. Le riprese a cura di Apogeo records
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