Pnrr, come attuare gli investimenti su salute e ricerca: si parte dal quadro preoccupante disegnato dalla Corte dei conti nelle 386 pagine della relazione semestrale al Parlamento. Il Tasso di realizzazione è fermo al 12% delle risorse disponibili da qui al 2026. In base ai dati emersi dal sistema ReGis (il cervellone telematico della Ragioneria generale dello Stato) la Corte dei Conti calcola in 20,441 miliardi la spesa effettiva realizzata a fine 2022 e con un aggiornamento a marzo il conteggio sale a 23 miliardi, legati a 107 (105 investimenti e 2 riforme) delle 285 misure elencate dal Pnrr. Nella Missione 6, dedicata alla Salute, la spesa è praticamente assente (79 milioni su 15.626, quindi lo 0,5%), nella Missione 5 (Inclusione e coesione ) si arriva a 239 milioni (l’1,2% dei 19,851 miliardi di budget) mentre su Istruzione e ricerca (Missione 4) si attesta al 4,1% (1,273 miliardi spesi su 30,876). La Corte sottolinea nella relazione che «oltre la metà delle misure interessate dai flussi mostra ritardi o è ancora in una fase sostanzialmente iniziale dei progetti».
I NODI DA SCIOGLIERE
Per raggiungere gli obiettivi il programma prevede ora un’impennata della spesa, dai 20,44 miliardi dei primi tre anni ai 40,908 di quest’anno sino ai 46-48 miliardi annui del 2024-25. Un’accelerazione a cui non sembra credere però nemmeno il Governo vista la difficoltà di di spesa per 100 miliardi e l’avvio del negoziato con la UE per una revisione sostanziale del piano. A questo si aggiungano i problemi delle risorse per la costruzione degli ospedali di Comunità aggravati dall’aumento dei costi in edilizia e i nodi delle Case di Comunità in cui i MMG dichiarano sostanzialmente di non volere andare così come stabilito dal DM77 (elaborato dall’Agenas ma non firmato dalla Conferenza Stato/Regioni).
LE PROPOSTE
Da qui le 5 proposte dall’Osservatorio nazionale Ms per l’innovazione, la Salute pubblica e la Sanità presentate stamani a Roma a politici, parlamentari, dirigenti di Sanità pubblica, presidenti di società scientifiche, esponenti della Medicina universitaria, ospedaliera e territoriale. Un’iniziativa del gruppo dirigente dell’Osservatorio tra cui presenti Rossana Boldi già Vice Presidente Commissione Affari sociali della Camera, Walter Locatelli, della Direzione scientifica, Anna Maria Parente, responsabile dei Progetti Istituzionali e Innovativi, Enrico Rossi già presidente della Regione Toscana e oggi responsabile delle Relazioni con le Regioni e le Autonomie del Centro studi:
1. Maggiore fessibilità nell’attuazione del Piano non tanto e non solo sulla tempistica quanto anche e soprattutto sui modelli e asset assistenziali proposti.
2. Avviare una mediazione con gli attori coinvolti, medici e operatori delle professioni sanitarie che, senza rifiutare in toto quanto sino ad ora centralmente decretato, veda su soluzioni diverse ampiamente condivise e soprattutto poi applicate e concretamente attuabili.
3. Prevedere progetti pilota di immediata attuazione in ogni Regione in grado di anticipare e sperimentare modelli di assistenza attuabili nell’ambito del ridisegno della Assistenza territoriale in fieri in grado di indicare i punti di forza e di debolezza e dunque da correggere in corso d’opera in un processo di miglioramento continuo della qualità del modello assistenziale proposto alla luce delle migliori performance.
4. Puntare sull’assistenza domiciliare attraverso team multidisciplinari che, sul modello delle Usca sperimentate durante il Covid e attraverso un monitoraggio distrettuale, siano in grado di portare assistenza territoriale con gradienti di complessità crescenti a casa di larghi strati di popolazione fragile e anziana assicurando prestazioni diagnostiche, cure mediche, assistenza sanitaria gratuita per gli utenti in grado di attivare tutte le figure della sanità territoriale e realizzare un reale filtro agli accessi impropri in ospedale.
5. Utilizzare la rete delle farmacie territoriali per garantire, nell’ambito del potenziamento della Farmacia dei servizi, strumenti di diagnosi, cura e assistenza capillarmente diffusi in partenariato con la Medicina generale, la specialistica ambulatoriale interna delle Asl e con le professioni sanitarie (infermieri e professioni tecniche dell’area della prevenzione e riabilitazione) da collegare in rete alle nascenti Cot, Case e ospedali di Comunità che potrebbero pertanto essere riviste nel numero e organizzazione realizzando una rete di assistenza che preveda anche un diverso, nuovo, allargato e tecnologicamente avanzato utilizzo del segmento dell’ assistenza convenzionata che coinvolga anche la Continuità assistenziale, gli ambulatori e i centri di assistenza accreditati con il Servizio sanitario nazionale da rendere funzionali ai fabbisogni della popolazione servita.