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Installazione di Pesce in piazza Municipio: il dissenso di Verde «Pulcinella milanese»

Un commento  di forte dissenso contro la nuova installazione “Tu sì ‘na cosa grande” di Gaetano Pesce in Piazza Municipio. Do seguito il dissenso del professore Massimiliano Verde, partita una petizione popolare.

Abiti senz’abitanti, il Pulcinella milanese.

Tu si’ ‘na cosa grande”, è un’opera scultorea che rappresenterebbel’abito della trimillenaria maschera di Pulcinella con un maxi cuore infilzato che sarà installato a Napoli sotto la supervisione di Silvana Annichiarico, già direttrice del museo del Design presso la Triennale di Milano.

L’opera di Gaetano Pesce vorrebbe così essere un omaggio all’identità partenopea e un ossequio alla maschera internazionalmente riconosciuta e conosciuta del mitico Puccio Aniello e del suo progenitore atellano Maccus.

L’opera secondo l’autore scomparso vorrebbe essere una rivisitazione dell’abito di Pulcinella e verrà appoggiata a una struttura metallica sottile di 12 metri e mantenuta in equilibrio da cavi su cui si attorciglieranno fiori sintetici di diversi colori. A questa, posta di fronte alla prima, sarà un cuore rosso alto cinque metri trafitto da una freccia metallica che lo sostiene, a sua volta conficcata su una piattaforma di legno triangolare di 50 cm.

Ora nel rispetto delle intenzioni dell’autore ci chiediamo: dov’è la simbologia della maschera di Pulcinella? Come può un anonimo monolite rappresentare l’identità, il gusto e le sensibilità culturali di una comunità, quale quella napoletana che si riconosce nei propri simboli, in maniera netta, precisa, forte e riconoscibile?

L’opera già criticata e anche ironicamente appellata in senso apotropaico dai napoletani oltre a non rispondere alle proprie sensibilità e totalmente avulsa’ dal contesto (nei pressi della rotonda Diaz si prevede la collocazione) e si presenta veramente come un colpo all’occhio (e non d’occhio!) al golfo più famoso del mondo, per non parlare di un mega-cuore spezzato e ferito a morte che non vogliamo credere sia quello invece sano, vero e vitale, soprattutto, partenopeo. Invero si tratta di un’installazione arbitrariamente collocata, senza alcuna condivisione piena e democratica con la comunità che la riceve che fa parte di quella Napoli contemporanea che il Sindaco e l’amministrazione, mercé suoi consulenti laureati in università milanesi seguitano (molto spesso con danaro pubblico…) a presentare, in una città che vede il proprio patrimonio urbano, culturale (e linguistico) sempre più deturpato e degradato.

Crediamo quindi che occorra una serie riflessione sullo stato dell’arte, appunto, della città di Napoli, che si trova oggetto (speriamo non più passivo) di azioni e situazioni calate (anche geograficamente) dall’alto e non rispondenti a forme, simbologie e sensazioni autenticamente genuine e popolari.

E questo in tutti i campi, materiali e immateriali. Lingua napoletana compresa.

Massimiliano Verde

 

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