In occasione dei cent’anni della Marcia su Roma, “Abitatori del tempo. L’impegno civile della letteratura”, la rassegna letteraria organizzata dalla Delia Agenzia Letteraria e dall’Associazione Culturale Mare Sole e Cultura programmata e finanziata dalla Regione Campania attraverso la Scabec, in collaborazione con la Camera di Commercio di Salerno e la Fondazione Carisal, fa il punto sul fascismo e la sua eredità storica. Martedì 28 febbraio, alle ore 20.30, presso il Salone Genovesi della Camera di Commercio di Salerno (Via Roma, 29- Salerno), Aldo Cazzullo presenta “Mussolini il capobanda. Perché dovremmo vergognarci del fascismo” (Mondadori). Dialoga con l’autore Oreste Lo Pomo, direttore TG3 Campania. Modera Alfonso Sarno. «Cent’anni fa, in questi stessi giorni, la nostra patria cadeva nelle mani di una banda di delinquenti, guidata da un uomo spietato e cattivo. Un uomo capace di tutto; persino di far chiudere e morire in manicomio il proprio figlio, e la donna che l’aveva messo al mondo». Comincia così il racconto di Aldo Cazzullo su Mussolini. Una figura di cui la maggioranza degli italiani si è fatta un’idea sbagliata: uno statista che fino al ’38 le aveva azzeccate quasi tutte; peccato l’alleanza con Hitler, le leggi razziali, la guerra. Cazzullo ricorda che prima del ’38 Mussolini aveva provocato la morte dei principali oppositori: Matteotti, Gobetti, Gramsci, Amendola, don Minzoni, Carlo e Nello Rosselli. Aveva conquistato il potere con la violenza – non solo manganelli e olio di ricino ma bombe e mitragliatrici -, facendo centinaia di vittime. Fin dal 1922 si era preso la rivincita sulle città che gli avevano resistito, con avversari gettati dalle finestre di San Lorenzo a Roma, o legati ai camion e trascinati nelle vie di Torino. Aveva imposto una cappa di piombo: Tribunale speciale, polizia segreta, confino, tassa sul celibato, esclusione delle donne da molti posti di lavoro. Aveva commesso crimini in Libia – 40 mila morti tra i civili -, in Etiopia – dall’iprite al massacro dei monaci cristiani -, in Spagna. Aveva usato gli italiani come cavie per cure sbagliate contro la malaria e per vaccini letali. Era stato crudele con tanti: a cominciare da Ida Dalser e dal loro figlio Benitino. La guerra non fu un impazzimento del Duce, ma lo sbocco logico del fascismo, che sostiene la sopraffazione di uno Stato sull’altro e di una razza sull’altra. Idee che purtroppo non sono morte con Mussolini. Anche se Cazzullo demolisce un altro luogo comune: non è vero che tutti gli italiani sono stati fascisti. E l’antifascismo dovrebbe essere un valore comune a tutti i partiti e a tutti gli italiani.
Aldo Cazzullo (Alba, 1966) da oltre trent’anni racconta sui giornali le principali vicende italiane e internazionali. Ora cura la pagina delle Lettere del «Corriere della Sera», di cui è vicedirettore ad personam. Da Mondadori ha pubblicato libri sul Risorgimento (Viva l’Italia!), sulla prima guerra mondiale (La guerra dei nostri nonni), sulla Ricostruzione (Giuro che non avrò più fame), sugli anni Cinquanta (I ragazzi di via Po) e sugli anni Settanta (I ragazzi che volevano fare la rivoluzione e Testamento di un anticomunista. Dalla Resistenza al golpe bianco con Edgardo Sogno). I suoi due libri su Dante (A riveder le stelle e Il posto degli uomini) hanno venduto oltre trecentomila copie.
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