Pubblicato l’articolo sulla rivista Science Advances guidato dalla drs. Silvia Soncin e dal Professor Oliver Craig desunto dall’applicazione di un’innovativa analisi sui resti umani di Ercolano. Il lavoro, svoltosi presso l’università di York, UK, vede la collaborazione, tra gli altri, del Parco Archeologico di Ercolano, il Parco Archeologico di Pompei e il Museo delle Civiltà di Roma. Lo studio sui resti degli abitanti di Ercolano che persero la vita cercando di fuggire dall’eruzione del Vesuvio nel 79 d.C offre un’esperienza unica per esaminare i modi di vita di un’antica comunità che visse e morì insieme, un”istantanea’ di una popolazione di eccezionale valore archeologico. A partire dagli anni Ottanta, nei fornici che si affacciano sull’antica spiaggia di Ercolano sono stati scavati 340 individui, dove questi si rifugiarono nel tentativo di sfuggire alla morte. Questo straordinario raduno di vittime di una catastrofe naturale è di enorme interesse pubblico, ed offre anche l’opportunità di far migliorare in modo significativo le nostre conoscenze della società romana attraverso l’applicazione di approcci bioarcheologici. In questo studio, 17 degli individui recuperati dai fornici sono stati analizzati attraverso l’analisi degli isotopi stabili del carbonio e dell’azoto degli amminoacidi che compongono il collagene osseo al fine di ricostruirne la dieta con grande precisione. Il Professor Craig comunica “dalle fonti storiche si recepisce che spesso vi fosse un accesso differenziato alle derrate alimentari tra uomini e donne ma raramente vengono forniti dati quantitativi e evidenze dirette. L’analisi degli amminoacidi ha permesso di quantificare tali differenze e di riflettere sulle cause”. Essenziale per la riuscita dell’analisi è stato anche un nuovo campionamento di resti botanici da Ercolano, cereali e legumi prelevati lo scorso settembre dalla drs. Soncin presso i magazzini del Parco Archeologico.
Silvia Soncin riferisce: “Gli uomini erano più probabilmente maggiormente impegnati nella pesca e in altre attività marittime, generalmente occupavano posizioni più privilegiate nella società, e venivano liberati dalla schiavitù in età più giovane rispetto alle donne. Tutti questi fattori probabilmente facilitavano il loro accesso a prodotti alimentari più costosi, come il pesce fresco”.
“La dieta seguita dagli antichi abitanti di Ercolano – interviene il Direttore del parco Archeologico – non ci racconta solo delle abitudini alimentari ma ci mette anche di fronte ad una società organizzata secondo canoni assai diversi da quella odierna. Un mondo dove l’accesso abitudinario a determinati alimenti dipendeva non dalla fame o dalla possibilità di acquisto, ma da fattori culturali: il genere, la condizione sociale, la provenienza geografica dei componenti della comunità locale. Ercolano si conferma un laboratorio unico per l’avanzamento della conoscenza non solo guardando al passato ma anche e soprattutto, direi, al futuro e alle mille possibilità di innovazione e di miglioramento della qualità della vita che possono derivare dall’attivazione degli insegnamenti della storia, piuttosto che dalla semplice raccolta di dati. Il parco Archeologico di Ercolano è impegnato nella promozione di studi internazionali intorno alla ricostruzione sotto molteplici aspetti di un mondo la cui vita cessò in poche ore, ma la cui memoria attiva risuona tuttora nella mente e nell’animo di chi voglia ascoltarla”.