Stupi.Diario – Il mio cassetto della memoria”, è l’opera prima di un medico di famiglia di Ercolano, Francesco Paolo De Liguoro, che si è guadagnato un posto in vetrina tra le selezioni di Casa Sanremo Writers 2024, il concorso letterario nazionale che si terrà nei giorni del 74° Festival della Canzone Italiana. E’ un viaggio introspettivo nel ricordi dell’autore, un volo pindarico di 50 anni, dalle aule universitarie all’ambulatorio di medico di famiglia, nel quale ogni tanto si sofferma, per analizzare alcuni momenti salienti che hanno caratterizzato non il solo il suo volo, ma quello di un’intera generazione laureatasi nell’era di pletora medica degli anni ’80.
E in questo settimino dei ricordi, De Liguoro apre con dovizia di particolari, alcun cassetti da sempre chiusi a chiave, nel tentativo di fare luce su alcune ombre che hanno caratterizzato gli anni universitari ed in particolare i suoi anni universitari.
Si sofferma su episodi personali, realmente accaduti, nei quali descrive con dovizia di particolari alcune storture di quegli anni universitari, con professori compiacenti e antesignani del voto di scambio, di momenti drammatici della sua professione, di momenti particolarmente divertenti e di momenti intimi e molto personali, che però sono indubbiamente condivisibili con tutti i camici bianchi laureatosi agli inizi degli anni ’80.
Inoltre, questo libro – come afferma l’autore – è “un manifesto della medicina di famiglia”.
“Svolgere questo ruolo è stato sempre il mio desiderio e nonostante le tante peripezie, come ho avuto modo di raccontare nel libro, avendo avuto l’opportunità di lavorare in ospedale prima e come specialista ambulatoriale pneumologo poi, ma il mio sogno era di diventare medico di famiglia: ovvero di svolgere un tipo di professione dove tra medico e paziente, si potesse instaurare un rapporto continuativo, di fiducia, oserei definirlo seppur impropriamente “intimo”. – afferma De Liguoro.
“E tutto sommato, all’alba del pensionamento, credo di esserci riuscito”.
“Purtroppo, questa professione è stata svilita negli ultimi anni dall’eccessiva burocratizzazione, che di fatto sta allontanando tanti validi medici da questa lavoro e sta avvilendo quanti si affacciano ad essa.
Ed è per questo motivo, che con un appello accorato, mi sono rivolto in più di un capitolo alle giovani promesse, catapultate dalle aule universitarie alla prima linea del Covid e successivamente negli ambulatori di medicina generale, ad affrontare questa professione con lo stesso spirito, lo stesso attaccamento, la stessa abnegazione che ci ha caratterizzato in questi anni, onde evitare che si ripresentino quei giudizi negativi sulla nostra professione e quei cliché che ci definivano i medici scrivani della sanità.
Purtroppo, chi frequenta i Social come il sottoscritto, se leggete i post che alcuni di questi giovani professionisti pubblicano sui gruppi Facebook della Medicina Generale, rimarrete sconcertati. C’è un totale disamoramento di questa professione, nonostante che molti di essi siano divenuti massimalisti nel giro di qualche giorno e non abbiano fatto i sacrifici per acquisire pazienti, che tutti noi abbiamo fatto: uscite di notte, nei giorni festivi, disponibilità per i nostri assistiti H 24, i pazienti che venivano a cercarci fin sotto casa.
Come ho specificato nel libro, svilire la nostra professione e farle fare un solo passo indietro, rappresenterebbe una sconfitta non solo loro, ma dell’intera generazione che li ha preceduto.
E pertanto, nel congedarmi, da vecchio studente in medicina e da padre di famiglia, voglio ricordare a quei giovani colleghi che purtroppo hanno perso tutti i riferimenti con il passato, che è pur vero che oggi, privi di concorrenza, sono oramai abituati a correre su un’autostrada senza barriere, ad altissima velocità, in totale assenza di tutor, ma devono cogliere l’insegnamento che ogni tanto, al fine di avere una guida tranquilla e che li porti lontano, di guardare indietro, grazie al loro specchietto retrovisore e di ricordarsi che l’autostrada che percorrono a tutta velocità, è stata tracciata, con grandi sacrifici, da una generazione di medici che l’ha preceduta. La nostra !
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