Colesterolo Killer: in Campania 5mila decessi evitabili ogni anno

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Più basso è meglio è: il colesterolo alto è un killer silenzioso che miete vittime al pari delle principali malattie cardiovascolari e del diabete ed è una delle principali concause dell’ictus e dell’infarto. Nelle regioni del centro sud solo il 20 per cento della popolazione affetta da questo dismetabolismo raggiunge i valori target indicati dalle linee guida e dalle Società scientifiche per la prevenzione. La scarsa aderenza alle indicazioni del medico, la tendenza ad abbandonare le cure, le difficoltà di accesso alle nuove terapie e farmaci, la inadeguata comunicazione ai pazienti dei rischi che si corrono a lasciare che il colesterolo continui a danneggiare in maniera silente le arterie sono i principali nodi da sciogliere per prevenire gli esiti infausti di questa condizione metabolica e potenziare e migliorare i percorsi di diagnosi, prevenzione e cura. Strada che, nelle regioni del centro e del sud, conduce a bisogni irrisolti, innovazioni non sempre accessibili e nuove necessità organizzative delle reti di connessione tra medicina di famiglia, specialistica degli ambulatori, distretti e ospedali. È quanto è emerso nel corso dell’evento “Pnrr, ipercolesterolemia, rischio cardiovascolare, tra bisogni irrisolti,  innovazione e nuove necessità organizzative” in due tavole rotonde di approfondimento scientifico sulla realtà sanitaria e assistenziale delle regioni del centro Sud promosse a Napoli, da Motore Sanità(con il contributo incondizionato di Daiichi-Sankyo) a cui hanno partecipato, per la parte istituzionale, Valeria Ciarambino, vicepresidente del Consiglio regionale della Campania,Carla Cuccu, Consigliere regionale della Commissione Sanitàdella Sardegna. Oggi disponiamo di presidi farmacologici in grado di raggiungere i livelli raccomandati di colesterolemia, tuttavia meno della metà dei soggetti ad alto rischio risulta a target. L’aumento del Colesterolo LDL, sulla base di evidenze fisiopatologiche e cliniche non è più ritenuta solo un importante fattore di rischio cardiovascolare, ma un agente causale dell’aterosclerosi e della sua progressione. Le recenti linee Guida sul trattamento delle dislipidemie e sulla prevenzione cardiovascolare propongono pertanto di raggiungere nei soggetti ad alto rischio (chi ha già avuto un evento cardiovascolare acuto) livelli molto bassi di colesterolo LDL intorno ai 50 mg/dl. Al tavolo dei relatoriPasquale Perrone Filardi, Presidente regionale SIC e ordinario Cardiologia della Federico II, Napoli, Paolo Calabrò, Ordinario Malattie Apparato Cardiovascolare della Vanvitelli di Napoli, Adriano Cristinziano, Direttore della Farmacia del Monaldi di Napoli, Giovanni Esposito,Presidente nazionale GISE, Mariano Fusco, Direttore Dipartimento farmaceutica Asl Napoli 2 Nord, Paolo Golino, Direttore Cardiologia della Vanvitelli presso il Monaldi, Sergio LaiComponente Fondazione Italiana per il Cuore. E ancoraMarta Marziali, Cardiologa dell’Asl Roma 2, Daniele PastoriDirigente medico al Policlinico Umberto I di Roma, Damiano Parretti, Responsabile area Cronicità cardiovascolare SIMG,Eliana Pisani, Specialista ambulatoriale Cardiologia Asl Roma 2,Daniela Ricciardulli, Responsabile Farmacia Asl Roma 1, Adriano Vercellone, Dirigente Dipartimento Asl Napoli 3 Sud e Consigliere regionale SIFO e Francesco Saverio Mennini,Professore di Economia sanitaria a Tor Vergata.

LE CURE

“Negli ultimi anni si è registrato un costante incremento del consumo di farmaci ipolipemizzanti (+38% rispetto al 2014), in linea con l’aumento di prevalenza e incidenza delle dislipidemie (rapporto Osmed 2021)– ha sottolineato Daniela Ricciardulli- tuttavia circa il 50% dei soggetti con dislipidemia non sono trattati farmacologicamente o lo sono in maniera non adeguata, senza raggiungere i target di colesterolo Ldl previsti, e l’aderenza alle terapie ipolipemizzanti è limitata con importanti ricadute in termini di sanità pubblica e di costi sanitari”. Le statine, spesso prescritte dai medici di famiglia, spesso non raggiungono lo scopo di ridurre adeguatamente i livelli di colesterolo scontando abbandoni, bassa aderenza e anche effetti collaterali come i dolori muscolari. I pazienti che hanno già usato statine ad alto dosaggio ed ezetimibe ma intolleranti alle statine e che non hanno ancora raggiunto i livelli di colesterolo desiderati possono giovarsi anche dell’Acido bempedoico che in base agli ultimi studi riduce di circa il 20% in 12 settimane i livelli di Ldl senza provocare lesioni e dolori muscolari come le statine. Farmaco a basso costo che può essere gestito anche dalla medicina di base sebbene oggi abbia un target soltanto specialistico e ancora poco utilizzato in clinica. L’ultima opzione è l’uso dei PCSK9 anticorpo monoclonale molto efficace ma ad alto costo e riservato in terza battuta ai pazienti a rischio molto alto (nota 13). “Da oltre 10 anni la SISA (Società Italiana per lo Studio dell’aterosclerosi)- ha aggiunto Daniele Pastori – attraverso la sua Fondazione ha creato una rete di centri specializzati nella diagnosi clinica e molecolare delle dislipidemie genetiche”. Fari accesi sul progetto Lipigen (Lipid TransPort Disorders italian Genetic Network): 49 centri attivi distribuiti in tutta Italia. I medici del territorio devono conoscere l’attività dei centri e avere la possibilità di inviare i pazienti con sospetto di dislipidemia su base genetica nel centro di riferimento della propria regione. In considerazione dell’elevatissimo rischio cardiovascolare di questi pazienti, il riconoscimento precoce di una dislipidemia su base genetica è essenziale per la riduzione delle complicanze cardiovascolari”. Nonostante questo scenario, su oltre 1 milione di pazienti in Italia a più alto rischio di cui 100 mila solo in Campania, l’80% non raggiunge il target indicato dalle più recenti Linee guida internazionali. Un problema sanitario che durante la recente pandemia è drasticamente peggiorato a causa dei minori controlli, di mancate diagnosi e della perdita di aderenza terapeutica.

GLI ESPERTI

“Il colesterolo alto è una mina per la salute, un killer silente che dopo alcuni anni, se non si interviene per il suo controllo e per abbassarne i livelli, attacca cuore e arterie al pari della pressione alta e del diabete– ha sottolineato Perrone Filardi-provocando nel tempo ictus e infarti che possono insorgere anche in giovane età se c’è una ipercolesterolemia familiare omozigote, ossia ereditata sia dal padre che dalla madre”. “In Italia, ogni anno, per malattie cardiovascolari muoiono più di 224mila persone (23mila in Campania, un po’ di più nel Lazio e un po’meno in altre regioni del Sud come la Sicilia, la Puglia e la Sardegna) – ha aggiunto Marcello Pani, Segretario nazionale SIFO, Direttore Farmacia Policlinico Universitario A. Gemelli IRCCS Roma – ma non tutti sono consapevoli del ruolo che svolge in queste morti evitabili il colesterolo alto che è la principale causa di circa 47.000 decessi (5 mila circa in Campania). I ricoveri sono così l’approdo finale e inappropriato di un processo patologico che impiega anni prima di tradursi in danni irrecuperabili per le arterie di cuore e cervello”. Il nodo da sciogliere è dunque consentire un accesso rapido e appropriato ai percorsi di cura. “Il deficit di comunicazione e pazienti poco informati sulle conseguenze del mancato raggiungimento dei valori target di colesterolo– ha poi sottolineato Paolo Severino– indicano i problemi da superare per chi si muove e opera su queste patologie. I numeri della mortalità e morbilità evitabili a causa del colesterolo non controllato, sono importanti, l’ischemia cerebrale e coronarica sono solo il punto di approdo finale di un problema non affrontato per 10, 15 anni che incide anche sui livelli di ospedalizzazione”. Prevenzione primaria e secondaria e mitigazione del rischio nei pazienti cronici, anche attraverso una corretta indicazione suoi valori da raggiungere a seconda dello stato clinico del paziente e dei fattori di rischio sono gli elementi di cui tenere conto nel corso della terapia ipocolesterolemizzante. “Anche i laboratori di analisi nell’indicare il range di valori normali spesso non tengono conto delle varie possibili configurazioni del rischio e delle indicazioni delle società scientifiche. Un infartuato o un diabetico ad esempio– continua Pani – dovrà conseguire valori diversi rispetto a un paziente in sovrappeso ma giovane e senza familiarità così anche un ultra55 enne aterosclerotico che ha una placca riconoscibile con un semplice doppler dei tronchi sovra aortici dovrà avere un valore di colesterolo Ldl sotto il livello di 75”.

RETI DI CURA

L’obiettivo da raggiungere dunque è mettere in rete Internisti, medici di medicina generale e specialisti di varie discipline per rendere capillare e condivisa l’informazione per decidere di assumere un determinato farmaco innovativo considerando che oggi le indicazioni di riferimento sono comuni in tutta Europa. “Oggi – conclude lo specialista – l’unico modo in cui ospedale e territorio comunicano è rappresentato dalla lettera di dimissioni dall’ospedale”.

LA FAMILIARITA’

Nella maggioranza dei casi la predisposizione all’ipercolesterolemia è più sfumata e sfuggente, influenzata maggiormente dall’alimentazione, dallo stile di vita, dalla sedentarietà e dalla mancanza di attività fisica. “Superati determinati livelli di colesterolo Ldl tuttavia (mediamente sopra il valore 100)– ha aggiunto Calabrò – le cure e l’assunzione di farmaci specifici diventano indispensabili per non ritrovarsi a 50 o 60 anni con le classiche placche alle carotidi e preoccupanti livelli di rischio di eventi cardiovascolari acuti con malati che finiscono poi nelle Utic e unità stroke ospedaliere”.

L’ADERENZA

La scarsa aderenza alla terapia ha molteplici cause: scarsa percezione della malattia, timore di eventi avversi (danni ai muscoli delle statine), politerapia, costi di compartecipazione. Informazione e responsabilizzazione, anche rispetto ai corretti stili di vita, e uso di cure più efficaci e innovative gli obiettivi da perseguire nell’ottica di una sanità d’iniziativa e della personalizzazione delle cure. “La medicina generale ha un ruolo fondamentale nella revisione periodica dell’aderenza. Attraverso analisi di farmaco-utilizzazione è possibile fornire ai prescrittori strumenti operativi utili a individuare i pazienti non aderenti alle terapie (copertura terapeutica di statine inferiore all’80%) su cui intervenire proattivamente in collaborazione con lo specialista di riferimento”.

 

 

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