“Coral…mente”, ecco il progetto musica e Alzheimer

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Canzoni e Alzheimer, un binomio perfetto. Il progetto a cura dell’Unione Musicisti e Artisti Italiani presso la struttura del CTO Ospedale dei Colli realizzato con il sostegno della Fondazione Banco di Napoli e la supervisione scientifica del neurologo Bruno Ronga si prepara a mostrare i risultati raggiunti con i pazienti affetti da Alzheimer durante i 3 mesi di laboratorio di canto corale con il contributo di musicisti e psicoterapeuti: il teatro Salvo D’Acquisto ospiterà, il prossimo 21 dicembre, il concerto “Coral…mente”. Sul palco tutti i pazienti si esibiranno in un repertorio di canzoni classiche napoletane come “Funiculì funiculà”, “‘O sole mio”, “O’ surdato ‘nnamurato” indossando anche accessori che rimandano agli anni ’60 quando si trovavano nell’età della propria gioventù. “A differenza della musicoterapia questo progetto, che è totalmente gratuito, ha due punti di forza ovvero due aspetti caratterizzanti: insegnare a cantare in coro, quindi prepararsi anche a casa con l’aiuto dei caregiver (così facendo il paziente ogni giorno possiede un fine quello di prepararsi all’incontro successivo per non sfigurare con i propri compagni di coro). Inoltre, il secondo aspetto da sottolineare è quello di dare al paziente un obiettivo, quello legato alla “finalizzazione” del lavoro ovvero la partecipazione all’’evento conclusivo pubblico che vede la presenza anche di parenti e amici. Prevediamo, dopo il successo dell’iniziativa, sviluppi futuri del progetto che sono ancora in fase di organizzazione”, spiega Franco Branco, presidente di Unione Musicisti e Artisti Italiani. Nell’aula magna del CTO, ogni giovedì, da settembre si sono incontrati ben 14 persone tra pazienti affetti da Alzheimer (di grado lieve moderato) e i loro caregiver insieme ai musicisti Giuseppe Schirone e Romeo Barbaro per poter cantare e suonare insieme. Le note di un pianoforte così come i battiti di un tamburello o il ritornello di una famosa canzone hanno risvegliato tanti ricordi e provocato sorrisi. “Da un punto di vista emotivo comportamentale abbiamo riscontrato grossi cambiamenti nelle persone che frequentano il laboratorio. Sono molto partecipativi rispetto a quando sono arrivati a settembre: tengono il ritmo e cantano ricordando alla perfezione le strofe delle canzoni. Sono contenti di partecipare e la loro attenzione non cala durante tutta l’ora dell’incontro. Inoltre, sono molto emozionati per lo spettacolo e fanno tante domande. Sia il loro approccio attivo che quello ricettivo è sicuramente migliorato”, commenta la psicologa Luisa Pellino che insieme alla collega Sara D’Angelo seguono i pazienti. Questo progetto, del resto, si era prefissato obiettivi precisi: di tipo cognitivo ovvero il miglioramento o quanto meno mantenimento dei livelli di performance cognitiva; di tipo funzionale ovvero miglioramento o mantenimento dei livelli di funzionamento nelle attività strumentali della vita quotidiana; di tipo psico-comportamentali legati alla riduzione o non accentuazione degli eventuali disturbi neuropsichiatrici associati e della depressione; obiettivi sul caregiver ovvero riduzione del carico e del di stress sul familiare.

La malattia di Alzheimer (AD) rappresenta la principale patologia neurodegenerativa per peso epidemiologico, in quanto si ritiene che attualmente in Italia ne siano colpite non meno di 900.000-1.000.000 di persone. Estrapolando tali dati alla Regione Campania, si stima in circa 100mila persone il numero dei pazienti affetti. “La musica (le canzoni) e il coro diventano uno strumento ‘riabilitativo’ per i soggetti affetti da decadimento cognitivo al fine di favorire la socializzazione e la modificazione dello stato umorale della persona. Fondamentale infatti è la capacità del CORO di generare il senso del “ruolo” permettendo cambiamenti quali l’accrescimento dell’autostima e della considerazione di sè stessi. Inoltre la riattivazione della memoria musicale ed emozionale, favorisce l’espressione e la condivisione dei propri vissuti emotivi e dei ricordi autobiografici emersi grazie alla stimolazione sonora/musicale. Il percorso facilita i pazienti ad un viaggio di ri-orientamento e di consolidando delle relazioni sociali, che risultano spesso rarefatte o addirittura assenti”, ha spiegato il Professore Bruno Ronga, neurologo del CTO di Napoli e responsabile scientifico del progetto di Musica e Alzheimer.

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