Una quota importante della popolazione italiana che vive nelle aree interne ha difficoltà ad usufruire dei servizi sanitari essenziali a causa della significativa distanza dalle città metropolitane e dai poli di servizi. Si pone, quindi, da un lato una questione di mancato rispetto dell’art. 32 della Costituzione che riconosce a tutti i cittadini il diritto alle prestazioni sanitarie e, dall’altro lato, questo stato di cose, unito alla carenza di servizi anche in tema di mobilità e di istruzione, aggrava l’emorragia demografica nelle aree marginali del Paese, vanificando qualsiasi intervento di sviluppo locale.
Le criticità
I punti di criticità che attanagliano le aree interne, in campo sanitario, riguardano vari aspetti, tra cui: un eccessivo ricorso all’ospedalizzazione per condizioni trattabili dai servizi territoriali, una bassa quota di anziani che fruiscono di assistenza domiciliare integrata, lunghe attese dei mezzi di soccorso in casi di emergenza, l’assenza di prestazioni specialistiche e la mancata riorganizzazione degli ambulatori dei medici di medicina generale . Inoltre, l’orografia delle aree e la competenza territoriale spalmata su più comuni comportano grandi difficoltà nel reclutamento del personale medico e i servizi sanitari non sono orientati né adeguati alle fasce deboli della popolazione.
Il fallimento della visione ospedalocentrica
La pandemia dovuta al COVID-19 sta mettendo in risalto il fallimento della visione “ospedalocentrica” della sanità e rende improcrastinabile un potenziamento della medicina territoriale, al fine di rendere il nostro sistema sanitario maggiormente resiliente. Come la Strategia nazionale sulle aree interne ha già sperimentato con successo in alcune aree del Paese, è possibile ridurre le ospedalizzazioni inappropriate potenziando le attività di prevenzione e garantendo l’assistenza domiciliare integrata agli anziani, ai disabili e alle persone fragili con il coinvolgimento del terzo settore per i servizi di prossimità.
Accrescere i presidi di sanità territoriale
Bisogna accrescere il numero e la qualità dei presidi sanitari territoriali come case della salute, poliambulatori, farmacie aperte h24, come pure prevedere l’ inserimento di nuove figure professionali come gli infermieri di comunità. Diventa una priorità l’abbattimento del digital-divide per portare servizi fondamentali come la telemedicina ( teleassistenza e telerefertazione) nei comuni collocati in posizioni geografiche difficili, trovando soluzioni innovative rispetto ai fabbisogni specifici dei territori.
Le esperienze in Molise e Abruzzo
Tra le buone pratiche riscontrate in ambito Snai va citato il “Borgo del benessere” di Riccia, nel Fortore molisano, che coniuga ospitalità diffusa e assistenza ai più deboli. È prevista una sorta di assistenza continuativa, una rivisitazione sperimentale e locale della “long- term care”, assicurando forme innovative di cura della persona anche con interventi associati e orientati all’assistenza della persona nell’ambiente di vita più funzionale al proprio stato di salute. Altrettanto significativa è l’esperienza di “ Telesalute “ avviata nel Basso Sangro Trigno, in Abruzzo, a pochi giorni dall’inizio dell’emergenza Coronavirus in Italia. Riguarda l’insieme dei sistemi e dei servizi che collegano i pazienti, specialmente quelli affetti da malattie croniche, con i medici che li assistono nella diagnosi e nel monitoraggio. Prevede un ruolo attivo del medico o dell’infermiere (presa in carico del paziente) e un ruolo attivo anche del paziente (autocura). I pazienti in telemedicina possono ottenere più facilmente servizi clinici in remoto e, al tempo stesso, si ottengono anche considerevoli risparmi economici.
Questi sono solo degli esempi che possono essere sicuramente replicati in altri territori, speriamo presto anche nella zona dell’ “alto casertano, area che da tempo sta chiedendo l’ingresso nella Snai. Secondo Giuseppe Provenzano“ le buone pratiche delle aree interne possono essere utili a tutto il Paese, ma la sperimentazione della Snai deve diventare una politica strutturale” . Sempre l’ex Ministro per il Sud ripete spesso che “ se c’è qualcosa che l’esperienza Covid ci ha insegnato, sta proprio nel valore del territorio, della prossimità, della comunità “.