La guerra in Ucraina e i combattimenti intorno alla centrale nucleare hanno risvegliato i timori dell’esperienza di Chernobyl, i cui abitanti circa 37 anni fa, vennero investiti da una grande quantità di materiale radioattivo. A pagare un prezzo altissimo furono soprattutto i bimbi, sotto forma di una elevata incidenza di tumori alla tiroide. Ad oggi, in Italia, ad un anno dallo scoppio della guerra, in base all’osservazione clinica, non si registra un incremento di noduli tiroidei nella popolazione pediatrica. Tuttavia, resta cruciale lo screening dei bambini a rischio, come raccomandato dalle linee guida che per la prima volta descrivono la gestione dei noduli e dei carcinomi differenziati della tiroide nei più piccoli. “L’esperienza di Chernobyl ci ha insegnato che i tumori alla tiroide indotti da radiazioni compaiono più di frequente nei bambini e negli adolescenti, talvolta anche a distanza di anni dall’esposizione”,afferma Mariacarolina Salerno, presidente della Società Italiana di Endocrinologia e Diabetologia Pediatrica SIEDP e direttore dell’Unità di Pediatria Endocrinologica del Dipartimento di Scienze Mediche Traslazionali dell’Università Federico II di Napoli. “Le persone più a rischio sono i bimbi con meno di 10 anni per la notevole sensibilità della tiroide infantile alle radiazioni, i giovani al di sotto dei 18 anni e le donne in gravidanza. Fra le sostanze radioattive contaminanti, lo iodio 131 è il responsabile dei danni alla tiroide. Infatti – precisa l’esperta – la ghiandola ha bisogno dello iodio per produrre gli ormoni tiroidei ma, se è lo iodio radioattivo a penetrare nella tiroide, il suo accumulo determina l’irraggiamento delle cellule stesse e si può avere la comparsa di carcinoma alla tiroide. In Italia i noduli tiroidei infantili sono rari e i nostri ambulatori non hanno finora registrato un incremento dell’incidenza, per cui la corsa alle pillole di iodio resta inutile e dannosa”, sottolinea Mariacarolina Salerno. Si stima in un caso ogni milione nella fascia pediatrica sotto i 10 anni, che sale a uno ogni 75mila fra gli adolescenti, con un’incidenza più alta nella popolazione femminile. Rispetto agli adulti, però, il rischio che i noduli in questa sede siano maligni è decisamente superiore e va da 2 a 5 volte ma la prognosi è più favorevole. In occasione della Giornata Mondiale delle Malattie Rare, la SIEDP ricorda anche che le terapie e le soluzioni chirurgiche devono essere ponderate in considerazione dell’età dei pazienti, così come il follow-up nel periodo di sviluppo del bambino. A fornire agli specialisti uno strumento innovativo per una migliore conoscenza e inquadramento della malattia, finalmente “a misura di bambino”, è la recente pubblicazione delle linee guida da parte dell’European Thyroid Association (ETA) che per la prima volta descrivono per l’età pediatrica la gestione dei noduli e dei carcinomi differenziati della tiroide. Il lavoro, svolto da un gruppo internazionale, è partito considerando le linee guida degli Stati Uniti del 2015, e ha valutato 3251 studi, identificandone 45 validi per i criteri scelti. “La SIEDP – afferma – rilancia l’invito a rafforzare la rete di assistenza specifica per i bambini e continuare gli sforzi per una diagnosi precoce. L’assistenza per questa malattia rara, come raccomandano le nuove linee guida europee, deve essere demandata ai team di esperti multidisciplinari che in Italia sono presenti nei 30 Centri di riferimento di endocrinologia pediatrica, capaci di condurre il corretto iter diagnostico e combinare le competenze per valutare le terapie specialistiche adeguate all’età. Per la chirurgia del carcinoma differenziato della tiroide in particolare le linee guida suggeriscono la tiroidectomia totale per ridurre al minimo le complicanze. Tuttavia, come consiglia lo stesso documento, è importante continuare a effettuare studi che valutino i risultati di interventi più conservativi”. “Negli ultimi anni – ricorda Salerno –, la genetica molecolare sta migliorando la diagnostica di queste patologie tumorali sebbene manchi ancora una definizione nel percorso terapeutico di questo strumento. Nel caso dei carcinomi differenziati della tiroide, i pazienti pediatrici presentano in misura maggiore una malattia avanzata alla diagnosi, compreso un più grande coinvolgimento dei linfonodi, la comparsa di metastasi a distanza e una malattia multifocale. Sebbene si presenti in forma più aggressiva, il carcinoma differenziato tiroideo pediatrico però mostra una prognosi migliore(sopravvivenza a 10 anni nel 98% dei casi). Alcuni bambini – evidenzia – hanno un alto rischio di sviluppo dei noduli tiroidei e del tumore differenziato della tiroide. Sono pazienti pediatrici con alle spalle una storia di irradiazione del collo per precedenti patologie oncologiche oppure sono stati esposti a sostanze radioattive o infine presentano una familiarità con il cancro alla tiroide o con alcune sindromi particolari che possono predisporre al cancro alla tiroide. In questi casi, è importante eseguire una sorveglianza ecografica regolare della tiroide per individuare precocemente eventuali noduli tiroidei”.