A distanza di vent’anni dal 16 ottobre 2002 quando San Giovanni Paolo II firmò, durante l’udienza generale in Piazza San Pietro, la Lettera apostolica “Rosarium Virginis Mariae” dedicata al Santo Rosario, si è tenuto oggi pomeriggio, nella Sala Marianna De Fusco del Santuario di Pompei, un convegno dal titolo “Contemplare Gesù con gli occhi di Maria”. All’incontro, organizzato nell’ambito delle celebrazioni per l’Anno longhiano, iniziato lo scorso 1° ottobre per ricordare l’arrivo del Beato Bartolo Longo a Pompei, avvenuto nel mese del Rosario del 1872, centocinquant’anni fa, hanno preso parte l’Arcivescovo della Città mariana, Monsignor Tommaso Caputo; l’Arcivescovo di Assisi-Nocera Umbra-Gualdo Tadino e di Foligno, Monsignor Domenico Sorrentino; la Dottoressa Margaret Karram, Presidente dell’Opera di Maria, il Movimento dei Focolari. Non poteva che essere Pompei ad ospitare il convegno commemorativo. Vent’anni fa, infatti, Papa Wojtyla volle, accanto a sé, mentre apponeva la sua firma al testo del magistero, proprio il Quadro della Madonna di Pompei, “accompagnato” a Roma da circa 1500 pompeiani, guidati da Monsignor Sorrentino che, allora, era Arcivescovo Prelato di Pompei. «Il fuoco ardente che brucia, nascosto in quella corona che scorriamo tra le dita – ha spiegato Monsignor Caputo introducendo il Convegno – è la ragione stessa del nostro Santuario ed è la ragione che ha portato tutti noi ad essere qui, stasera, nel 20° anniversario della Lettera Apostolica “Rosarium Virginis Mariae”». «Centocinquant’anni fa – ha proseguito il Prelato – il giovane avvocato giungeva, per motivi professionali, nella Valle che egli stesso definì “desolata”, abitata da alcune centinaia di contadini costretti a convivere con la malaria e con le ruberie di briganti. In quell’ottobre del 1872, Bartolo Longo ascoltò un’ispirazione interiore, che non finiremo mai di ripetere: “Se cerchi salvezza, propaga il Rosario. È promessa di Maria. Chi propaga il Rosario è salvo!”. Egli, sospinto dallo Spirito Santo, interiorizzò quelle parole e scoprì la volontà di Dio su di lui. Non lasciò più Pompei. Da quel momento e per tutta la sua lunga vita, nella costante fedeltà all’ispirazione iniziale, egli divenne strumento di un progetto di Dio, mediato da Maria; un progetto ogni giorno più sorprendente e degno di stupore. E quale progetto! “Se cerchi salvezza, propaga il Rosario. È promessa di Maria. Chi propaga il Rosario è salvo!”. Senza il Rosario non ci sarebbe stato l’arrivo a Pompei, il 13 novembre 1875, dell’Icona che tutti veneriamo e non ci sarebbero state altre pietre miliari, come l’inizio della costruzione del Santuario, l’8 maggio 1876, o l’inaugurazione della prima delle numerose opere di carità, l’Orfanotrofio femminile, l’8 maggio 1887. Senza il Rosario non sarebbe sorta la nuova Città di Pompei, costituita Comune nel 1928». Di Longo parlò anche Papa Benedetto XVI che, il 19 ottobre 2008 – oggi sono passati quattordici anni da allora – fu pellegrino a Pompei. L’Arcivescovo Caputo ne ha ricordato le parole: Longo «spinto dall’amore, fu in grado di progettare una città nuova, che poi sorse attorno al Santuario mariano, quasi come irradiazione della sua luce di fede e di speranza. Una cittadella di Maria e della carità, non però isolata dal mondo, non, come si suol dire, una “cattedrale nel deserto”, ma inserita nel territorio di questa Valle per riscattarlo e promuoverlo […] Chi avrebbe potuto pensare che qui, accanto ai resti dell’antica Pompei, sarebbe sorto un Santuario mariano di portata mondiale? E tante opere sociali volte a tradurre il Vangelo in servizio concreto alle persone più in difficoltà? Dove arriva Dio, il deserto fiorisce!». «Nel Rosario c’è la salvezza», ha affermato Monsignor Sorrentino nella sua relazione, che ha “accompagnato” i presenti in un autentico “viaggio” nella Lettera apostolica di Papa Wojtyla, illuminandone alcuni aspetti particolari. «In questo momento segnato dalla guerra in Ucraina – ha proseguito – comprendiamo che la nostra umanità è uscita bella dalle mani di Dio ed è stata deturpata dal peccato originale e da quel primo episodio di violenza fratricida tra Caino e Abele. È stata poi una sequenza infinita di episodi di violenza. E lo è ancora oggi. Abbiamo bisogno di salvezza, che in ebraico è Yehoshu’a, per noi è Gesù». «Nella frase di Maria a Bartolo Longo, “Chi propaga il Rosario è salvo!” – ha sottolineato – la Madonna gli riconsegna Dio per ridonarlo all’umanità. (…). Nella “Rosarium Virginis Mariae”, Giovanni Paolo II, come il Papa del Rosario Leone XIII, diede al Rosario due missioni: la famiglia e la pace. La famiglia non intesa solo come legame coniugale, ma come unione generale del mondo. E la pace cosmica, sociale, universale». «Giovanni Paolo II – ha proseguito – voleva aiutare la Chiesa a fare il passaggio da devozione a contemplazione, da un incontro con la Madre alla “scuola” della Madre. È dunque indispensabile, pregando il Rosario, farsi come Maria, imitarla: «Il Rosario si fa assimilazione, non è solo una devozione, ma il cammino che compiamo con Maria, il cuore di Maria, i suoi occhi, attraverso i quali dobbiamo riguardare Gesù». Dal Rosario deriva l’azione, come dimostra l’esperienza esistenziale e l’opera del Beato Bartolo Longo che «è un grande profeta perché le opere di carità sono l’altra faccia della medaglia – ha spiegato l’Arcivescovo Sorrentino – le parole del Rosario diventano azione». Il terzo intervento è stato affidato a Margaret Karram, dal 2021 terza Presidente del Movimento dei Focolari dopo la Serva di Dio e Fondatrice, Chiara Lubich, e Maria Voce. La relatrice, in prima linea nella promozione del dialogo tra le religioni e tra i popoli, ha parlato del Rosario come “preghiera di pace”: «Ciò che mi ha colpito di più oggi della Lettera Apostolica “Rosarium Virginis Mariae”, a vent’anni dalla sua pubblicazione, è la sua straordinaria attualità ed in particolare, l’accorato appello a pregare il Rosario per chiedere alla Vergine il dono della pace. E non potrebbe essere diverso, in questi mesi in cui stiamo vivendo “in diretta” il dolorosissimo conflitto tra Russia e Ucraina alle porte dell’Europa, ma non solo, se pensiamo anche ad altri Paesi più o meno raccontati dai media come Yemen, Siria, Libia, Afganistan, e altri». Nello scorrere delle giornate, in cui ogni persona è sempre così carica di “cose da fare”, è sempre più necessario recuperare la dimensione della spiritualità. «Vi confido – ha continuato Karram – che recentemente ho sentito più forte che mai il richiamo a ricercare il rapporto con Dio, a dar tempo alla preghiera. Mi sono accorta che a scandire le mie giornate era un’agenda fitta di appuntamenti e, dovendo scegliere a cosa dare precedenza, ho sentito dentro il richiamo all’essenziale, a radicarmi in Dio: Colui per il quale ho scelto di vivere. Solo così, ne ero certa, avrei potuto dare il mio contributo per indirizzare la mia vita e quella del Movimento dei Focolari sempre più verso il Vangelo, radice di tutto. È nata da qui l’esigenza di proporre a tutto il Movimento dei Focolari per i prossimi mesi, di approfondire la vita interiore e la preghiera, perché singoli e comunità intere possano riscoprirla e viverla come vero colloquio e sincero dialogo con Dio». Quel 16 ottobre 2002, era in piazza San Pietro anche Chiara Lubich, alla quale, con una lettera, il Santo Padre affidò il Santo Rosario perché il Movimento lo promuovesse nel mondo. «Ricordo bene – ha raccontato la Presidente – quando nel 2002, Giovanni Paolo II scrisse a Chiara per affidare anche ai Focolarini il compito di cooperare a mettere in luce il Santo Rosario, in particolare in quell’anno dedicato ad esso. Perché? Forse perché il Movimento dei Focolari ufficialmente si chiama “Opera di Maria” e Chiara ha sempre pensato che sia stata Lei a sviluppare la spiritualità di comunione che concorre a realizzare il testamento di Gesù, “che tutti siano uno” (Gv 17,21)». E la Presidente ha citato un racconto di Chiara Lubich, una sua esperienza personale, drammatica, ma nella quale, nello stesso tempo, Dio le parlò: «Un giorno, sotto un atroce bombardamento – eravamo in tempi di guerra -, (…), coperta di polvere densa come l’aria, alzandomi (…), quasi miracolata, in mezzo alle urla dei presenti, calma e piena di pace, ho avvertito d’aver provato nell’anima un profondo dolore mentre ero in pericolo di vita: quello di non poter più recitare l’Ave Maria. Allora, non ho afferrato il senso di quelle parole. Più tardi, quando i grani d’un rosario vivo – si trattava del primo gruppo di focolarine – si sono andati snodando, e Dio, scegliendo quasi fior da fiore, andava componendo quest’Opera che ora è tutta di Maria, ho capito quel lamento. Forse era nei piani di Dio che una lode a lei fosse innalzata in quest’epoca in cui le migliori gemme sono state incastonate dai Papi nella sua corona: Immacolata, Assunta, Regina! Ma quest’Ave Maria, desiderata, doveva essere fatta di parole vive, di persone che, quasi altre piccole Maria, dessero al mondo l’Amore. I grani d’un rosario vivo! Parole vive! Altre piccole Maria”». Karram ha ricordato come la Vergine sia stata il «filo d’oro della mia vita», ma la devozione non può che concretizzarsi nell’azione concreta e, in modo particolare, nel sostegno a chi chiede aiuto. È questa la piena imitazione di Maria. «Sento fortemente e vorrei trasmetterlo anche a voi – ha concluso la Presidente del Movimento – che Maria oggi più che mai mi invita, ci invita, ad imitarla: ma come? Raccogliendo ogni lacrima, ogni grido…, ogni disperazione con la quale veniamo in contatto; ci chiama a riviverla per dare amore, per “liberare i cuori dall’odio”, come ha detto Papa Francesco, ed essere dappertutto semi di speranza per il mondo». Al termine del convegno, i partecipanti hanno raggiunto il Santuario, dove insieme hanno recitato il Santo Rosario, guidato dal Rettore, monsignor Pasquale Mocerino. La giornata si è conclusa con la concelebrazione della Santa Messa presieduta dall’Arcivescovo Sorrentino.
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