Il glaucoma viene chiamato il ladro silenzioso della vista, perché spesso resta a lungo senza diagnosi e il danno oculare progredisce tanto che in un caso su cinque si può arrivare alla cecità. Impedirlo sarebbe possibile se si puntasse di più sulla chirurgia, anziché impiegare soltanto colliri per ridurre la pressione interna all’occhio che ‘premendo’ sul nervo ottico pian piano lo danneggia. Lo sottolineano gli esperti durante il 2° Congresso Nazionale della Società Italiana di Scienze Oftalmologiche (S.I.S.O.), a Roma dal 18 al 20 maggio. Degli 800.000 italiani con glaucoma, pari a circa il 2% degli over 40, circa 100.000 potrebbero trarre vantaggio da un intervento chirurgico che ‘drena’ via il liquido in eccesso all’interno dell’occhio. Purtroppo gli interventi per glaucoma, tra i quali il più eseguito (la trabeculectomia), si stima siano solo 50.000 ogni anno, soprattutto a causa dei timori dei pazienti per gli effetti collaterali. Oggi si scelgono in media solo dopo 7-10 anni dalla diagnosi anziché come terapia di prima linea sebbene anche le linee guida dell’European Glaucoma Society indichino che in molti pazienti può essere vantaggioso optare per la chirurgia in prima linea al posto dei colliri che, vengono spesso utilizzati male e abbandonati entro pochi mesi dalla prescrizione. “Nel glaucoma si ha un incremento della pressione all’interno dell’occhio che dipende dalla degenerazione, legata all’invecchiamento, di una sorta di ‘colino’ intraoculare che regola la quantità di liquido che l’occhio è in grado di drenare – spiega Stefano Gandolfi, direttore Clinica Oculistica Università di Parma e membro del Consiglio direttivo S.I.S.O. – Invecchiando, la funzione di drenaggio di questo ‘colino’ peggiora, il liquido si accumula, la pressione sale e il nervo ottico, che con gli anni di per sé va già incontro a un lento deterioramento, viene pian piano danneggiato: ecco perché il glaucoma diventa più frequente con il passare degli anni e ha un’incidenza doppia dopo i 70 anni”. Purtroppo i pazienti si abituano pian piano al progressivo deterioramento della vista: quando i sintomi diventano evidenti la lesione del nervo è spesso totale. Per questo è importante la diagnosi precoce attraverso controlli regolari che includano la misurazione della pressione intraoculare e l’esame del fondo dell’occhio per valutare le condizioni del nervo ottico. “Una volta diagnosticato il glaucoma, in molti casi sarebbe opportuno procedere con l’intervento chirurgico in modo da drenare via il liquido e ridurre la pressione. L’operazione può essere eseguita inserendo chirurgicamente minuscoli stent, tubicini che creano una sorta di bypass per far defluire meglio i liquidi e impedirne l’accumulo”, precisa Gandolfi. “Questi interventi possono ridurre in maniera significativa il danno sul nervo ottico e la progressione della malattia – continua l’esperto – Il recente studio LiGHT su oltre 600 pazienti, pubblicato su Ophthalmology lo scorso febbraio, ha per esempio dimostrato che nel 70% dei casi gli occhi operati con il laser mantengono una pressione intraoculare nella norma ma soprattutto che la progressione del danno visivo avviene nel 20% dei casi contro il 27% dei pazienti trattati con i colliri. Tutto questo ha portato la Eropean Glaucoma Society ad indicare, nelle ultime linee guida, il trattamento laser come possibile prima scelta terapeutica nei pazienti con glaucoma. Non solo, il protocollo TAGS, pubblicato un paio di anni fa sul British Medical Journal, ha anche mostrato che nei pazienti con una nuova diagnosi di glaucoma moderato, intervenire subito chirurgicamente, anziché utilizzare colliri, è ugualmente sicuro, ben tollerato ed è più efficace nell’ottenere una riduzione della pressione dell’occhio. L’uso dei colliri è a torto ritenuto da molti più ‘semplice’, ma non è così: numerosi studi hanno dimostrato che spesso i pazienti li applicano in maniera scorretta, tanto che si stima che il 30-70% non sia aderente alla terapia e il 50% la abbandoni entro 6 mesi”. Il ricorso alla chirurgia potrebbe quindi essere una modalità di trattamento vincente anche perché, come conclude Gandolfi “il 4-8% delle persone con cataratta che ogni anno si sottopone all’intervento di sostituzione del cristallino, ha o svilupperà il glaucoma. Combinare, in chi soffre di glaucoma, all’intervento di cataratta una procedura chirurgica che aumenti la capacità dell’occhio di scaricare la pressione, potrebbe aiutare molto a tenere sotto controllo la malattia, preservando la vista dei pazienti molto a lungo”.
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