Si è tenuta il 29 e il 30 settembre scorsi, presso la sede del Comune di Palma Campania (NA), un’interessante retrospettiva sul pittore Pietro Salvatore Caliendo (1877-1955), l’ultimo dei Veristi napoletani. La mostra, realizzata con il contributo della Città Metropolitana di Napoli e col patrocinio dell’amministrazione comunale di Palma Campania – guidata dal sindaco Aniello Donnarumma -, ha permesso ai cittadini residenti e ai visitatori di scoprire 25 opere tra le più significative di Caliendo, realizzate nell’arco temporale che va dalla fine dell’800 alla metà del ‘900. A partire dal suo dipinto più famoso, presente anche sulla locandina ufficiale: Nudo di Vecchio, classificatosi al primo posto nel concorso finale di pittura del Regio Istituto delle Belle Arti di Napoli, a suggello del percorso di studio di Caliendo. Passando poi per i vari ritratti, tra cui quello del palmese Eumene Rastelli, fino allo sforzo de I tiratravi, un quadro cui è molto affezionato il suo ultimo e omonimo discendente, l’architetto Salvatore Caliendo, nipote del pittore. “Esso esprime il legame che mio zio aveva col territorio, raffigurando su tela un’attività che si svolgeva un tempo nei dintorni – spiega l’architetto Caliendo -. Gli uomini intenti a sollevare e trasportare enormi travi, immersi nel paesaggio montano, sono il simbolo di un lavoro che non esiste più”. All’esposizione ha preso parte, tra gli altri, Placido De Martino, esponente di una delle famiglie più illustri di Palma Campania. La città tiene molto alla memoria di Caliendo, artista legato ai canoni del Verismo napoletano e capace di rifiutare l’invito di Boccioni ad aderire al manifesto del Futurismo italiano. Egli conobbe Pablo Picasso e Massimo Gorkij, e fu in contatto con Michele Cammarano e col poeta Salvatore Di Giacomo. Uomo di vasta cultura, poliglotta, appassionato di astronomia, archeologia e poesia, laureato in Giurisprudenza prima di essere ammesso per meriti artistici in Accademia, trascorse gran parte della sua esistenza a Napoli prima di ritirarsi a Castello. Spirito liberale e anticlericale, ma profondamente religioso, di indole schiva e solitaria, maturò anche esperienze all’estero, grazie ai viaggi in Germania e Svizzera, paesi in cui apprese la lingua tedesca che gli servì per salvare il suo borgo natale dalla distruzione nazifascista. Come racconta infatti l’architetto Caliendo, attraverso gli aneddoti materni, durante la ritirata dei tedeschi nel 1943, la sua intercessione presso l’alto comando delle forze del Reich fu provvidenziale e salvifica. “Aveva imparato il tedesco da una fidanzata, a sua volta figlia di un generale, e quell’antico amore di gioventù permise la salvezza di una comunità”, conviene l’architetto Caliendo, che introdusse anni fa il pittore siriano Ahmad Alaa Eddin alla produzione artistica dello zio. Il quale ne rimase particolarmente affascinato e incuriosito, riconoscendo all’artista di Palma un’importanza di primo piano nell’ambito del territorio vesuviano.
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