E’ in piccole molecole di RNA che circolano nel sangue che potrebbe celarsi l’informazione più preziosa per le donne con tumore al seno: la terapia più efficace contro la loro malattia. Ne sono convinti Filippo Montemurro, oncologo e direttore della Breast Unit dell’Istituto Candiolo IRCCS e il suo team di ricerca, che proprio qualche mese fa hanno pubblicato uno studio sulla rivista ESMO Open e annunciato di aver scoperto un frammento di RNA in grado di prevedere la risposta delle pazienti alla terapia ormonale. Si tratta di miR-100 che, se espressa a livelli elevati, è associata a una migliore risposta alla terapia ormonale da parte del donne con un carcinoma mammario ormone-sensibile. “Questi incoraggiante risultati ci ha spinto, non solo ad approfondire il ruolo che svolge questa particolare molecola, ma anche ad ampliare la casistica con l’obiettivo di validare i nostri risultati e quindi renderli utilizzabili in clinica – dice Montemurro. – Inoltre, il nostro lavoro indica che siamo sulla strada giusta e per questo continueremo a selezionare e ad analizzare nuove molecole di RNA per svelarne ruolo e funzioni in modo da personalizzare sempre di più i trattamenti contro il cancro al seno”. Le molecole di RNA potenzialmente oggetto di studio sono tantissime. Troppe per poterne approfondire la loro conoscenza in tempi brevi, così come invece vogliono i ricercatori per offrire aiuto subito alle pazienti che ne hanno bisogno. Ad accelerare il lavoro degli scienziati del Candiolo sono una serie di algoritmi innovativi, uno dei quali ha portato alla scoperta di miR-100. “Presto questo algoritmo – evidenzia Montemurro – potrà essere usato in clinica per stabilire la risposta delle pazienti con tumore al seno alle terapie ormonali, aprendo così la strada alle migliori possibilità di cure, più personalizzate”. Il passo successivo è stato già fatto: nell’ambito dello studio clinico Breast Cancer Project 2 i ricercatori sono impegnati nel reclutamento di un numero più ampio di pazienti che permetterà di validare l’efficacia dell’algoritmo e affinarne la capacità prognostica. Ogni anno in Italia si registrano 55.000 nuove diagnosi di carcinoma mammario e il tipo di tumore più frequente con il 70% dei casi è il cancro con recettori ormonali positivi nel quale gli ormoni, in particolare estrogeni e progesterone, rappresentano il combustibile delle cellule tumorali e ne stimolano la crescita. Dopo un intervento per le donne in post menopausa con carcinoma al seno positivo ai recettori ormonali, il passo successivo è intraprendere la terapia ormonale adiuvante per molti anni. Attualmente, nel 30-40% dei casi, la presenza dei recettori per gli ormoni non è sufficiente a garantire l’efficacia della terapia ormonale: il tumore, infatti, sembra in grado di “aggirare l’ostacolo” e di aprirsi nuove strade per continuare a proliferare, dando luogo a gradi diversi di resistenza alle cure. In questi casi, per bloccare lo sviluppo della malattia occorre quindi ricorrere anche alla chemioterapia, con i suoi temuti effetti collaterali e con un impatto importante sulla qualità della vita. Per questo è cruciale disporre di uno strumento che rapidamente sia in grado di predire quale donna risponderà alle terapie ormonali e chi invece dovrà sottoporsi alla chemio. “Al momento la nostra ricerca ha mostrato che valori elevati di miR-100 sono associati ad una migliore prognosi in pazienti operate e trattate con terapia ormonale adiuvante – spiega Montemurro – “Tale effetto, verosimilmente, dipende dalla capacità di miR-100 di sopprimere geni coinvolti nella resistenza al trattamento e nella proliferazione delle cellule tumorali. Sulla base delle informazioni ottenute dall’analisi del tumore prima dell’inizio della terapia pre-operatoria e dopo l’intervento chirurgico – prosegue l’esperto – è stato quindi creato un algoritmo che, tramite la valutazione combinata del livello di miR-100, dell’indice di proliferazione Ki67 e della presenza di altri geni, assegna al tumore un punteggio che ne indica il grado di sensibilità alla terapia ormonale. Una vera e propria ‘firma predittiva” di tumori ormono sensibili con buona prognosi i cosiddetti “luminali A” che per ciascun paziente aiuterà a identificare la terapia più efficace” sottolinea Montemurro. Il progetto ha il vantaggio di non dover sottoporre le pazienti ad alcun prelievo aggiuntivo. Infatti l’analisi è eseguita sul materiale ottenuto dalla biopsia preoperatoria del tumore e quindi non implica alcun ulteriore prelievo. Sulla base dei risultati la paziente potrà essere inserita in un trattamento ormonale nel breve periodo di attesa dell’intervento chirurgico. Grazie al nostro lavoro, il biomarcatore miR-100 si sta rivelando un promettente strumento per identificare con più accuratezza le pazienti per le quali la sola terapia ormonale è sufficiente per bloccare lo sviluppo del tumore e aumentare le probabilità di guarigione” – commenta Montemurro – “L’obiettivo ora, oltre a consolidare l’efficacia questo strumento prognostico, è per il futuro di riuscire a utilizzare miR-100 per migliorare la risposta alla terapia ormonale anche in quel 30-40% di pazienti che oggi devono sottoporsi alla chemioterapia e di individuare altri nuove promettenti molecole di RNA, all’interno del quale si celano ulteriori informazioni preziosi per indirizzare le pazienti verso il trattamento più efficace contro il loro tumore”.